Non c’è Natale senza dolci. Quella dei dolci natalizi è una tradizione antica che in ogni regione italiana ha le sue varianti.
In Toscana, la parte da leone la fanno i dolci senesi: panforte, ricciarelli e cavallucci. Tra questi, il panforte è oramai presente, insieme al milanese panettone e al veronese pandoro, in tutte le tavole italiane.
Fanno parte della tradizione natalizia toscana anche altri dolci, meno conosciuti ma non per questo meno buoni, come la quasi dimenticata cassata fiorentina, gli sfratti di Pigliano e i befanini della Versilia.
Il panforte è, tra i dolci natalizi senesi, quello che ha origini più antiche. Si dice che abbia proprietà afrodisiache e che diciassette siano gli ingredienti che lo compongono quante sono le contrade del Palio. La ricetta odierna è il risultato di una graduale trasformazione: dal primitivo pane melato - una focaccia di farina di grano, miele e frutta - ai pani speziati o panes pepatos, preparati con spezie, importate dall’Oriente, a partire dalla seconda metà del XII secolo.
Agli speziali, gli odierni farmacisti, era demandata la preparazione del panpepato, tanto che le attuali industrie dolciarie senesi derivano dalle antiche farmacie di Siena, come la Parenti, la Sapori e la Pepi. La ricetta del panforte non ha subito grandi trasformazioni sino al 1879 quando, in onore della Regina Margherita di Savoia, in visita a Siena per il Palio d’agosto, fu creato da Enrico Righi - proprietario del negozio Panforte Parenti - il panforte margherita dal sapore più dolce, meno speziato, ricoperto da uno strato di zucchero a velo.
I ricciarelli di Siena derivano invece dal marzapane, un dolce a base di zucchero e mandorle, diffusosi a Siena a partire dal XV secolo. Le cronache del tempo riportano la presenza di marzapani e marzapanetti – biscotti di forma quadrata ricavati dal marzapane - nelle tavole dei più sontuosi banchetti italiani. A partire dal 1800 i marzapanetti prenderanno il nome di ricciarelli e la forma diventerà a losanga.
Certamente anche i ricciarelli, come il panforte, erano destinati ad un pubblico elitario giacché tra gli ingredienti si usava lo zucchero, all’epoca molto costoso e raro. Accanto ai ricciarelli, sulle tavole rinascimentali, si trovavano i “berriquocoli” senesi, dolcetti da cui derivano gli odierni cavallucci. Biancastri, dalla forma grossolana e irregolare, con noci, anice e canditi, sono buonissimi inzuppati nel vino rosso.
Il nome particolare di cavallucci deriva dai "cavallai", ovvero gli addetti al cambio dei cavalli alle stazioni di posta dei viaggiatori, che ne facevano un grande uso. Infine tra i dolci natalizi toscani, vale la pena ricordare gli sfratti di Pitigliano. La curiosa forma a bastone - una sottile sfoglia ripiena di miele, scorza d’arancia, noci, anice a noce moscata – deriva dallo strumento che gli sgherri granducali, nel 1600, battevano sulle porte delle case degli ebrei a Pitigliano, intimandogli lo sfratto.
In Toscana, la parte da leone la fanno i dolci senesi: panforte, ricciarelli e cavallucci. Tra questi, il panforte è oramai presente, insieme al milanese panettone e al veronese pandoro, in tutte le tavole italiane.
Fanno parte della tradizione natalizia toscana anche altri dolci, meno conosciuti ma non per questo meno buoni, come la quasi dimenticata cassata fiorentina, gli sfratti di Pigliano e i befanini della Versilia.
Il panforte è, tra i dolci natalizi senesi, quello che ha origini più antiche. Si dice che abbia proprietà afrodisiache e che diciassette siano gli ingredienti che lo compongono quante sono le contrade del Palio. La ricetta odierna è il risultato di una graduale trasformazione: dal primitivo pane melato - una focaccia di farina di grano, miele e frutta - ai pani speziati o panes pepatos, preparati con spezie, importate dall’Oriente, a partire dalla seconda metà del XII secolo.
Agli speziali, gli odierni farmacisti, era demandata la preparazione del panpepato, tanto che le attuali industrie dolciarie senesi derivano dalle antiche farmacie di Siena, come la Parenti, la Sapori e la Pepi. La ricetta del panforte non ha subito grandi trasformazioni sino al 1879 quando, in onore della Regina Margherita di Savoia, in visita a Siena per il Palio d’agosto, fu creato da Enrico Righi - proprietario del negozio Panforte Parenti - il panforte margherita dal sapore più dolce, meno speziato, ricoperto da uno strato di zucchero a velo.
I ricciarelli di Siena derivano invece dal marzapane, un dolce a base di zucchero e mandorle, diffusosi a Siena a partire dal XV secolo. Le cronache del tempo riportano la presenza di marzapani e marzapanetti – biscotti di forma quadrata ricavati dal marzapane - nelle tavole dei più sontuosi banchetti italiani. A partire dal 1800 i marzapanetti prenderanno il nome di ricciarelli e la forma diventerà a losanga.
Certamente anche i ricciarelli, come il panforte, erano destinati ad un pubblico elitario giacché tra gli ingredienti si usava lo zucchero, all’epoca molto costoso e raro. Accanto ai ricciarelli, sulle tavole rinascimentali, si trovavano i “berriquocoli” senesi, dolcetti da cui derivano gli odierni cavallucci. Biancastri, dalla forma grossolana e irregolare, con noci, anice e canditi, sono buonissimi inzuppati nel vino rosso.
Il nome particolare di cavallucci deriva dai "cavallai", ovvero gli addetti al cambio dei cavalli alle stazioni di posta dei viaggiatori, che ne facevano un grande uso. Infine tra i dolci natalizi toscani, vale la pena ricordare gli sfratti di Pitigliano. La curiosa forma a bastone - una sottile sfoglia ripiena di miele, scorza d’arancia, noci, anice a noce moscata – deriva dallo strumento che gli sgherri granducali, nel 1600, battevano sulle porte delle case degli ebrei a Pitigliano, intimandogli lo sfratto.

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